Generalità
In questa serie di newsletter approfondiremo i costi imputabili all'aria compressa e le azioni possibili per ridurli in ambito d’impresa.
Da un punto di vista aziendale i costi generati dall’aria compressa si dividono in tre tipologie:
1. Costo di esercizio, sostanzialmente del compressore
2. Costo di acquisto, del compressore, accessori e della rete di distribuzione
3. Costo di manutenzione, del compressore, accessori e della rete di distribuzione.
Solitamente questi costi vengono valutati in un intervallo di 10 anni e si trova che l’energia impiegata nel funzionamento è responsabile per tre quarti del costo totale, seguono il costo d’acquisto e le spese di manutenzione.
10 anni è tuttavia un periodo di valutazione accademico, riparametriamolo ad una dimensione aziendale che necessita di più praticità e valutiamo i costi a 5 anni. Il risultato qualitativamente non cambia:
il costo energetico è il maggiore fra i costi.
Nei grafici a fianco le dimensioni delle etichette dei costi sono scalate in base alle percentuali di incidenza sul totale per consentire anche in interpretazione intuitiva delle dimensioni relative interne del fenomeno. Riesci a vedere le altre fonti di costo?
L’energia in un “sistema aria compressa” è fondamentalmente quella necessaria al funzionamento del compressore, anche se una minima percentuale viene assorbita dagli ausiliari. Per sistema aria compressa intendiamo tutti gli elementi, fisici e non, che permettono l’utilizzo del vettore aria compressa: compressori, impianti di trattamento, sistemi di misura, logiche di utilizzo, reti di distribuzione, utilizzatori finali.
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Il consumo specifico dipende da molti fattori come pressione di esercizio, tipologia di compressore, ausiliari installati, logiche di controllo e regime di funzionamento. Ridurre il consumo specifico (nella tua azienda, hai misurato le prestazioni dei tuoi compressori?) è certamente importante e molta letteratura è presente in proposito. La riduzione del consumo specifico è solitamente associata a capex importanti. È anche bene ricordare che la compressione è un processo intrinsecamente oneroso in termini energetici (attualmente fra il 75% e l’85% dell’energia utilizzata nella compressione viene trasferita in calore, anziché in pressione). I compressori, gli ausiliari di trattamento, le prese d’aria: questi gli elementi fisici del “lato generazione”.
Il “lato utilizzatore” è connesso attraverso la rete al lato generazione: valvole automatiche, strumenti, utensili, attuatori sono gli elementi che consumano l’aria. Solitamente è la parte “visibile” del sistema perché è sotto gli occhi di tutti e non delocalizzato come la sala compressori: forse è questo uno dei motivi per cui il costo di generazione dell’aria compressa in azienda è spesso sottovalutato e di conseguenza l’aria è comunemente impiegata malamente: purtroppo solamente la metà viene effettivamente utilizzata.
Le perdite di rete e l’artificial demand rappresentano comunemente la maggior fonte di perdite economiche “lato utilizzatore”, ovvero che si verificano quando l’aria compressa è già stata prodotta ovvero pagata. Le percentuali variano di qualche punto a seconda della fonte, ma il significato rimane identico. Gli utilizzi impropri incidono in misura minore e possono essere virtualmente annullati (a costo quasi-zero) con adeguato training aziendale.
Perdite di rete e artificial demand si ottimizzano con l’intervento di professionisti: solitamente i tempi di ritorno dell’investimento sono inferiori ad un anno e raramente superiori a due, e la percentuale di aria efficacemente utilizzata aumenta considerevolmente attestandosi a valori obiettivo compresi fra l’80 e il 90% dell’aria prodotta. Gli investimenti necessari per questo tipo di miglioramento hanno capex ridotti.
Se il fenomeno delle perdite di rete è abbastanza noto, il problema dell’artifical demand è pressochè sconosciuto ai non addetti ai lavori: per questo verrà approfondito nella prossima newsletter.
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